Общественное мнение в Италии уже настроена как мы здесь!
Кстати автор данной статьи - довольно авторитетный господин, Массимо Муккетти
Forse è meglio che la Fiat venda l’Alfa
Tra cinque mesi, il 24 giugno, l’Alfa Romeo compirà 100 anni, ma avrà poco da festeggiare. Nel 2009 la casa del Biscione ha venduto meno di 110 mila vetture, una tristezza. E l’11 gennaio, al Salone di Detroit, Sergio Marchionne è sbottato: «Basta con le storie gloriose usate come alibi, le cavolate come i richiami a Nuvolari… »
«La storia — ha proseguito — non implica sopravvivenza. Mi devono convincere con programmi credibili. Dobbiamo, se necessario, ridimensionare le nostre ambizioni. Sento favoleggiare di segmenti D ed E, di ammiraglie, di sfidare le Bmw serie 5 e 7. Con quali prodotti? Con quali prospettive di mercato? Basta con esperienze come la 159, che ci è costata un miliardo». L’amministratore delegato della Fiat non poteva essere più chiaro. E però c’è un problema: chi deve convincere Marchionne è Marchionne. Alfa Romeo è ormai un marchio profondamente radicato nel sistema di progettazione e costruzione di Fiat Auto, che dipende direttamente dal manager italo-canadese. Marchionne, insomma, non è un esterno, ma il primo partecipante al gioco.
Tanto improvviso scetticismo sull’Alfa colpisce. All’indomani dell’annuncio dell’operazione Chrysler, era stato lo stesso Marchionne a presentare il marchio milanese come l’alfiere della penetrazione italiana negli Usa. Altri prima di lui nell’Alfa avevano creduto. Nei momenti più bui, Umberto Agnelli pensava di salvare il salvabile, d’intesa con Vincenzo Maranghi, ancora dominus di Mediobanca, mettendo assieme Alfa, Maserati e Ferrari e lasciando Fiat e Lancia alla General Motors. Perché, adesso, l’Alfa si deve ridurre ai minimi termini? Oppure, detta diversamente, perché nemmeno la Fiat di Marchionne riesce a dare una prospettiva all’Alfa?
Prima di concludere che si tratta di un marchio maledetto, varrebbe la pena di domandarsi se la Fiat abbia mai messo in campo un progetto serio per la casa del Portello dove si formò Enzo Ferrari (di Nuvolari non parliamo più…). Purtroppo, la risposta è un no. Nel 1986, quando l’Iri la mise in vendita, l’Alfa perdeva molto, ma vendeva ancora 168 mila vetture e aveva in serbo il grande progetto della 164. A quei tempi, la Fiat possedeva i soldi ma non la convinzione per fare dell’Alfa la Bmw italiana: l’aveva comprata per evitare che andasse alla Ford, e la Ford non rilanciò quando capì di avere contro l’establishment italiano, tranne l’Iri di Romano Prodi che si trovò comunque costretto ad accettare l’offerta più alta. E così, per un quarto di secolo, l’Alfa ha tirato avanti. Fino all’esternazione di Detroit. Ma non si vive con la testa rivolta all’indietro. Guardiamo dunque al futuro e al ruolo che il marchio Alfa può giocare nel rilancio dell’industria automobilistica made in Italy .
Nell’incontro a Palazzo Chigi del 22 dicembre 2009, Marchionne ha riferito che i 5 siti produttivi del gruppo Fiat Auto in Italia (Torino, Cassino, Pomigliano, Melfi e Termini Imerese) producono 650 mila vetture con 22 mila addetti, mentre lo stabilimento polacco di Tichy ne fa altrettante, ma con meno di un terzo dei dipendenti, e in Brasile la fabbrica di Belo Horizonte, 9400 persone, arriva a produrne 730 mila. Brasile e Polonia utilizzano gli impianti a pieno regime; lavorano su 3 turni giornalieri con settimane di 6 giorni lavorativi su 7. In Italia i turni sono due, niente notturno, e i sabati vanno contrattati. A Tichy, inoltre, si produce anche per la Ford. I siti italiani hanno molti problemi, logistici e non. Ma è evidente — ancorché Marchionne non abbia rivelato l’informazione — che il grado di utilizzo degli impianti domestici è assai inferiore a quello degli impianti esteri, e la cosa ha un effetto negativo sui costi. Ma per utilizzare di più gli impianti nazionali non serve soltanto la disponibilità dei sindacati, indispensabile per recuperare terreno sulla qualità (il caso 159 è un avvertimento). Occorre soprattutto sapere che cosa produrre in un Paese con costi occidentali, sia pure inferiori a quelli tedeschi. I produttori francesi e tedeschi, peraltro più globali, hanno una percentuale di dipendenti operativa in patria assai più alta di quella Fiat. Fabbricando modelli a maggior valore aggiunto, se lo possono permettere. Questo accadeva già prima della pioggia di aiuti di Stato antirecessione. Che la Fiat non può bollare come negativi in Francia, perché rafforzano le concorrenti Renault e Psa con la bella cifra di 8,5 miliardi di euro, e accettare come ovvi in America, perché le consentono di entrare in Chrysler a costo zero. Per tornare a produrre di più in Italia, la Fiat deve aumentare il valore implicito nei suoi modelli. Il trasferimento della produzione della nuova Panda da Tichy a Pomigliano sembra un primo passo, e però il leader della Fiat lo presenta come un gesto di generosità temeraria. È lo stabilimento campano a preoccupare o la consistenza economica del modello da produrre? Forse, nell’impresa del ritorno in patria, l’Alfa può dare un contributo non certo inferiore al marchio Fiat.
LA STORIA TATVOLTA FA MIRACOLI, SE LE MANI SONO ADDATE. LA MALANDATA LAMBORGHINI, CON VOLKSWAGEN, E DIVENTATA UNA MACCHINA DA SOLDI. LA MINI è TORNATA GRANDE CON BMW.
È possibile, tuttavia, che la Fiat pensi di impiegare diversamente le sue risorse. E sarebbe legittimo che facesse perfino dell’arbitraggio sugli aiuti pubblici: Obama ha staccato un assegno di 12 miliardi di dollari per Chrysler; dallo Stato italiano, ha detto Marchionne a Palazzo Chigi, sono arrivati solo 600 milioni di euro di contributi alla ricerca in 5 anni e 800 milioni nel 2009 per le rottamazioni e altro mentre il bilancio della cassa integrazione tra il 1999 e il 2009 presenta ancora un avanzo per l’Inps di 200 milioni. Certo, si dovrebbe ricordare che i dollari della Casa Bianca fronteggiano un fallimento, mentre la Fiat Auto ha avuto l’appoggio delle banche, della stessa Fiat spa, della famiglia Agnelli e del mercato in misura, alla fine, non inferiore. Per non parlare degli aiuti pubblici degli anni Novanta. Ma l’acqua passata non macina più. Bene. Se le cose stanno come sembra, la Fiat non tenga l’Alfa in questo stato al mero scopo di non avere un concorrente in casa. Non ripeta l’errore del 1986. La venda.
Massimo Mucchetti
Английский вариант
Perhaps it is better that Fiat's sale Alfa
In five months, June 24, Alfa Romeo will turn 100 years, but will have little to celebrate. In 2009, the house of Biscione has sold less than 110 thousand cars, a sadness. And on 11 January, at the Detroit Motor Show, Sergio Marchionne and blurted: "Enough with the glorious history used as an alibi, the stupid things like the calls to Nuvolari ..."
"The story - he continued - does not survive. I have to convince credible. We must, if necessary, scale down our ambitions. Feel fantasize of segments D and E, admiral, to challenge the BMW 5 Series and 7. With what products? What prospects for the market? No more experiences like the 159, which has cost us a billion. " The CEO of Fiat could not be clearer. But there's a problem: who should get Marchionne is Marchionne. AR is now a brand deeply rooted in the system design and construction of Fiat Auto, which depends directly on the Italo-Canadian manager. Marchionne, in short, is not an outsider, but the first in the game.
So sudden skepticism on AR strikes. Following the announcement of the transaction Chrysler, had been the same Marchionne for the Milanese brand as the standard bearer for Italian penetration in the U.S.. Others before him had believed in AR. In the darkest hours, Umberto Agnelli to salvage what he thought, in agreement with Vincenzo Maranghi still dominus of Mediobanca, bringing together Alfa, Maserati and Ferrari and Fiat and Lancia leaving at General Motors. For now, the AR should be reduced to a minimum? Or, put differently, because not even the Fiat's Marchionne can give a perspective from Alfa?
Before concluding that this is a damn mark, it would be worth asking whether the Fiat have ever put into play a serious project for the house where the hatch was formed Enzo Ferrari (the Nuvolari not talk about it ...). Unfortunately, the answer is no. In 1986, when IRI put on sale, Alfa lost much, but still sold 168 thousand cars in Serbian and had the great project of 164. At that time, Fiat had the money but not the conviction to do the AR, the Italian BMW: he had bought so that he went to Ford, and Ford did not raise when he knew he had against the Italian establishment, except l 'Iri of Romano Prodi who is otherwise forced to accept the highest bid. And so, for a quarter of a century, the AR has pulled ahead. Up outside of Detroit. But you can not live with the head turned backwards. Let us look to the future and the role they can play in the brand AR relaunch of the automotive industry made in Italy.
In the meeting at Palazzo Chigi, 22 December 2009, Marchionne said that 5 of the Fiat Auto production sites in Italy (Turin, Cassino, Pomigliano, Melfi and Termini Imerese) produce 650 thousand vehicles with 22 thousand employees, while the Polish Tichy makes the same, but with less than a third of employees, and the factory in Brazil in Belo Horizonte, 9400 people, gets to produce 730 thousand. Brazil and Poland use the facilities at full capacity, working on 3 shifts per day in weeks 6 days working on 7. In Italy there are two shifts, no night, and Saturdays are contracted. Tichy In addition, it is also produced for Ford. The Italian sites have many problems, logistical or otherwise. But it's obvious - although Marchionne has not disclosed the information - that the degree of utilization is much lower than domestic plants abroad, and it has a negative effect on costs. But to use more domestic plants is not only the availability of Trade Unions, which is essential to catch up on quality (the case 159 is a warning). It is especially necessary to know what to produce in a country with the west coast, albeit lower than in Germany. The French and German manufacturers, however, more global, have a percentage of employees working at home much higher than Fiat. Model factory with higher value added, if they can afford. This happened even before the rain of state aid antirecessione. That Fiat can not branded as negative in France, because it strengthens the competitors Renault and PSA with the tune of 8.5 billion, and take for granted in America because the permit to enter Chrysler at no cost. To return to produce more in Italy, Fiat has to increase the value implicit in his models. The transfer of production from the new Panda Tichy in Pomigliano seems a first step, and therefore the leader of the Fiat presents him as a reckless act of generosity. And establishment Campanian to worry or economic substance of the model to produce? Perhaps, in the undertaking of return, the AR can make a contribution certainly not inferior to the Fiat brand.
HISTORY SOMETIMES WORKS WONDERS, IF THE HANDS ARE SUITABLE. THE BATTERED LAMBORGHINI, WITH VOLKSWAGEN, HAS BECOME A MONEY MACHINE. THE MINI IS BACK BIG WITH BMW.
You can, however, think that Fiat to use its resources differently. It would be legitimate even doing arbitrage on public aid: Obama has cut a check for $ 12 billion for Chrysler, Italian state, said Marchionne at Palazzo Chigi, arrived only 600 million of contributions to research in 5 years and 800 million in 2009 for scrapping and another while the balance of layoffs between 1999 and 2009 still has a surplus of 200 million for INPS. Certainly, one should remember that the dollars the White House facing a failure, while the Fiat Auto has won the support of banks, the same Fiat SpA, the Agnelli family and to an extent, in the end, not less. Not to mention public support of the nineties. But the water rose no more grinding. Well. If this is as it seems, Fiat did not take the AR in this state to the mere purpose of not having a competitor in the house. Do not repeat the mistake of 1986. Sale.
Massimo Mucchetti
Господа, Италия с нами! Запад с нами! Запад с нами, господа!